CALLING THE NUMBER (Angela&ME 2)

Per la seconda volta in sette settimane mi capita di essere a tu per tu con il mio amore di sempre.
Angela.
L’incontro era stato emozionante per me. Anche per lei, visto che cominciò a dire parole
incomprensibili. Alla mia domanda di chiarimento lei disse che era meglio che non capissi.
Poi mi scacciò. Accidenti... ero riuscito ad avvicinarmi così tanto... prima che lei mi mollasse un
uppercut al mento... azzo! Già ho il doppiomento... figurati ora che uscirà...
Ma non è così che si risolvono i problemi... devo farmi forza e telefonarle...
Compongo il numero. Non lo ricordo e lo cerco prima sull’elenco.
Il fatto che fosse un 144- mi destò qualche sospetto sulla sua ripettabilità.
- Pronto?
- Si... aaaaaaah... qui centro di Angelah per risolvere i problemi d’amore. Ti possiamo aiutare su tutto...
ma proprio tutto...
- Sì, grazie... AOH! Scusate... cerco Angela... ma forse ho sbagliato numero...
- Nooo... sei sul giusto numero... sono io... cosa posso fare per te?
- Dunque prima... ACCIDENTI! Ci sono ricascato! Angela sono io... Gabriele...
- Che bel nome... Gabriele... anche mio nonno si chiama così...
- ...Alese.
- Maledetto! Stacca il telefono! E’ scritto sull’elenco “V.M. 18!”.
Ecco cosa non quadrava. Mi sembrava strano.
- E io sono Maggiorenne.
- Come no.
Un disco ripeteva: “L’utente chiamato non è raggiungibile o si è rotto le palle di sentirti. Prova più
tardi”.
Carino questo disco... Penso mentre attacco il ricevitore.

A DAY LATER
(Il giorno dopo)

Devo richiamare Angela... penso mentre telefono alle 3.00 di notte al numero 144-...
- Pronto? Sei in linea colla chat erotica di Angela... chi sei e da dove chiami?
- Prooonto? Sò Arturo e chiamo da Zagarolo! Che c’hai da fà ‘stasera?
- Io sono qui tutta per te... parla pure... ti ascolto...
- Senti... mì moje stamattina m’ha lasciato... io sò disperato... come posso fà?
- Hai provato a portarla in qualche ristorante buono?
- Lascia perde! L’ultima volta che c’ho provato è finita che dopo sei settimane me sò buttato da un
fosso.
- Certo che chi t’ha lasciato doveva essere proprio stronza!
- Poi dillo! Cor Botto proprio!
- Ebbè... me ricordi tanto un certo Alese... però lui era un imbecille... stupido... tu no... tu sei...
diverso...
Mi morsi a sangue le labbra per non proferire una brutta parolina e continuai.
- Beh... non dovresti essere così estremista... magari poteva essere un bravo ragazzo... dovresti almeno parlargli...
- A parlà cor frocio? Io? Ma te renni conto de che stai a dì? Piantala cò ‘ste cazzate e continuiamo il nostro discorso.
- Eccome posso fà allora cò mì moje?
- Consolati... ci sono io...
Deglutii a fatica
- Bene... e cosa potresti fare?
- Tutto...
- Anche giocare a nascondino?
- Anche... però non era quello che intendevo...
- A tombola?
- Neanche...
- Mah... potremmo anche giocare a carte!
- Senti Arturo... la mamma te l’ha mai fatto il discorso delle api coi fiori? Sai... l’ape che va nel fiore...
- Come no? Solo che nun avevo capito...
- Hai figli Arturo?
- Come no!
- E come li hai fatti quei figli?
- Inseminazione artificiale!
- Aye... non ci siamo Arturo... dovresti fare quello che fanno un uomo e una donna quando sono a
letto da soli...
Cominciava a piacermi quel discorso.
- Si raccontano le barzellette?
- Seeee vabbè!
Telecom Italia, informazione gratuita: L’utente chiamato si è scocciato di parlare con te. Riprova più
tardi.
“Telecom ne sà una più del diavolo” pensai.

Aulentina
tu non vivi per me
Tiranna mia
tu non vivi per me
I fou de love.

TWO DAYS LATER
(Due giorni dopo)

Mi svegliai di soprassalto.
Un pensiero mi squarciò la mente: Basta coll’amore non corrisposto! Cambio vita!
Feci le valigie. Prenotai il primo rapido per Venezia e partii, lasciando un biglietto: “Non aspettatemi
per cena”. Era l’inizio della nuova vita.

A NEW LIFE FOR ALESE
(Una nuova vita per Alese)

Sbarcai a Mestre appena quattro ore dopo.
Cominciai a cercare un albergo per passare la notte prima che il proprietario della mia nuova casa
l’avesse finita di preparare.
Entrai al Dynasty, albergo molto sobrio, benchè ci dovessi passare solo una notte.
Alla reception una bella receptionist mi consegnò le chiavi della mia camera. La guardai molto bene (la receptionist, non la camera) e mi accorsi che sarebbe stata la ragazza ideale per la mia nuova vita. Molto educatamente
le chiesi cosa facesse Sabato e se avrebbe gradito un drink in un locale. Lei accettò volentieri.
Parlammo a lungo di cosa facessimo. Lei disse di chiamarsi Chiara e di essere di Milano. Si era
trasferita qui per trovare un pò di libertà dai genitori opprimanti.
Quando mi chiese cosa facessi io le dissi la verità:
- Vengo da Roma. Sono venuto col treno per farmi una nuova vita.
- Come mai? Non ti piace Roma?
- Oh, no. Non è quello il punto. Solo volevo cambiare definitavamente aria. Un posto dove nessuno ti conosce è il posto ideale per ricominciare.
- Hai avuto problemi colla legge?
- No, anzi. Sono venuto a cercare la libertà anch’io.
- Allora siamo due libertini... toh! Come è piccolo il mondo...
Rise, diventando ancora più bella.
- Cosa mi dici di qui? Ti piace? Insomma... non ti sei pentita di esser venuta?
- No. Sono stata contenta di venire qui. Non sarei resistita un’attimo di più con i miei. Non mi
avrebbero concesso certo di uscire con uno sconosciuto a prendere da bere no?
Rise ancora. Era bellissima quando rideva.
- Ti capisco.
- Hai anche tu dei vecchi opprimenti?
- Avevo.
- Oh... mi spiace... quando è successo?
- Un anno fa. Uccisi a fucilate da un pazzo.
- Mi spiace molto.
- Naa. Tutto passato. Basta non pensarci.
Passammo molto tempo parlando, fino a quando non ci accorgemmo che si era fatto davvero tardi. Ci salutammo, ripromettendoci di incontrarci domani, a pranzo.

Nell’istante più importante
sulla soglia della vita
ogni spirito è diviso
e si deve ritrovare.

TREE DAYS LATER
(Tre giorni dopo)

Mi alzai raggiante. L’incontro del giorno prima mi aveva messo in cuore una felicità mai provata.
Sembrava che tutto nella vita per la prima volta si stesse sistemando.
Mai mi era accaduto di incintrare una ragazza bella quanto interessante, un sogno.
Scesi alla reception, pagai e me ne andai.
Trassi dalla tasca un foglio, dove mi ero segnato l’indirizzo di quella che doveva essere la mia casa.
Sorgeva alla fine di una via molto pittoresca di Venezia. Era molto carina, a due piani e con una scala che portava al primo piano. Al pianterreno c’era la bottega, che avrei adibito a server Internet. Anche questo era un sogno che non mi sarei immaginato di poter realizzare. Per comprare le macchine spesi una parte della mia eredità, ma gli abbonati avrebbero ripagato le spese; avevo già un centinaio di
prenotazioni.
Mi attraeva l’idea di non dipendere da nessuno e di potermi guadagnare da solo la pagnotta.
Appunto. Da solo. Non avevo nessuno a cui mostrare la mia nuova casa.
Chiamai l’unica persona che conoscevo a Veneza, Chiara.
Mi sarebbe venuta a trovare più tardi, per un tè.
Feci un pò di spesa, poichè la dispensa piangeva nel vero senso della parola.
Quando,verso le cinque suonò il campanello sentii ilsangue ribollirmi nelle vene. Quella ragazza mi
attraeva terribilmente. Ma come sapere se era occupata o no senza compromettere un’importante
amicizia?
Ci intrattenemmo per un bel pò parlando delle bellezze di Venezia in generale.
Il discorso sconfinò inevitabilmente nel campo sentimentale, le chiesi se era fidanzata. Strano. L’alcool mi aveva disinibito. Sobrio, non glielo avrei mai chiesto, così a bruciapelo.
Non era fidanzata, aveva avuto delusioni dalgi uomini, poichè tutti quelli che l’avevano conusciuta
avevano tentato prima o poi di portarsela a letto.
- Capisco, ce n’è tanta di gente così.
- Infatti, ma credo di essermeli beccati tutti io.
- Non dire così... non è colpa tua... d’altronde una così bella ragazza dovrebbe aspettarselo...
Mi resi conto di parlare con un certo velo d’ambiguità. Infatti mi guardò come si guarda uno che
predica bene e razzola male.
- Scusa... non intendevo...
- Lo so... non ti preoccupare...
Mi feci forza con un bicchierino e le chiesi:
- Se un giorno venisse un uomo che tu conosci da appena un giorno e ti confessasse che gli piaci da
morire tu che faresti?
L’alcool mi dava un tono di voce molto strano, me ne accorsi dalla sua espressione mentre mi diceva: - Beh... dipende... se fosse un bravo ragazzo...
- Ok... supponiamo che lo sia... tu che fai?
- Gli direi di sì.
E dicendo questo mi guardò dritto negli occhi. Sembrava leggermi nell’anima. Io non resistetti. Le presi la mano e gliela baciai.
- Ti amo.