THE TRUTH IS OUT THERE. (La verità è lì fuori)

- E' impossibile!
Così disse, mentre cadeva esanime a terra, vittima della mia mano veloce, condividendo il destino dei suoi compari.
Riposi la pistola nella fondina, certo di essermi assicurato un buon quarto d'ora di riposo.
Mi accorsi presto che non era giunto il momento di riposare.
Percepivo un movimento dietro quel muro, non so se fosse una specie di sesto senso o altro, fatto sta che fin dall'addestramento riuscivo a percepire tutte le mosse dei miei nemici, e questo mi aiutò moltissimo nell'avanzata di grado.
Al terzo colpo fui sicuro che qualunque cosa si celasse dietro quella porta, ora non poteva più vantarsene.
Scesi le scale, determinato a completare quella che per me era una missione come un'altra, ma che ben resto sarebbe andata oltre i miei peggiori incubi.
Fino a quel momento mi ero limitato ad eseguire gli ordini, che, come tutti gli ordini che si rispettino, provenivano da fonti da me sconosciute.
Una sagoma si mosse nell'ombra.
Scattai di riflesso verso la destra, abbassandomi e voltandomi a sparare un colpo nel vuoto.
Si udii un rumore di vetri infranti, che mi fece capire chi avevo di fronte.
- Luciano! - urlai nel vuoto, certo che qualcuno rispondesse.
- Luciano un corno. Prima mi spari e mi distruggi la bottiglia di whisky e poi mi chiami come se nulla sia successo. Certo che non cambi mai eh?
Non sapevo cosa rispondere. Se Luciano era lì, era evidente che qualcuno ce l'aveva mandato. Non era tipo da pendere iniziative personali.
- Chi ti ha mandato qui?
- Una persona che non conosci.
- Non può esistere una persona che io non conosca. Parla.
Si voltò verso la finestra, come per osservare se qualcuno fosse nei paraggi. Poi si voltò verso di me e fece cenno di avvicinarmi.
Mi avvicinai lentamente.
Guardai dalla finestra.
Oltre la strada era situata una Mercedes nera.
- Di chi è?
- Di chi mi ha mandato qui.
- E sarebbe?
- Un pezzo grosso. Uno del giro.
La missione si complicava notevolmente. Un conto era dover fronteggiare la piccola malavita, un altro era dover competere con la mafia.
Da un po' di tempo la criminalità organizzata aveva preso piede anche in quella città, con un gruppo piuttosto compatto di clan.
Da quanto era venuto a sapere per mezzo delle sue precedenti indagini, essi si dividevano la città in zone d'influenza. Lo scopo della missione era proprio scoprire se queste zone dovessero rendere conto ad un boss principale o erano in lotta fra loro.
Ora era evidente che ci fosse un'organizzazione piramidale, che rendeva molto più difficile sradicare questa piaga nella vita cittadina.
- Per l'ultima volta, Luciano, chi è il tuo capo?
- Ci puoi arrivare da solo.
- Non mi interessa arrivarci, voglio solo che tu mi dica immediatamente chi è che ti comanda.
- Duca, Duca Tiziano.
Non credevo alle mie orecchie. Tiziano, mio amico ai tempi della scuola, si era dato alla malavita.
Mi sembrava incredibile.
- Come ha fatto?
- Che vuoi che ne sappia io? Io eseguo gli ordini e basta. Non mi fermo a fare domanda idiote come le tue.
Era evidente che Luciano era un semplice esecutore.
Non costituiva un pericolo; almeno non quanto i capi.
- Perché ti sei immischiato in questa storia?
- Non lo so. Dannazione, ti ho detto di finirla con queste domande.
- Io devo saperne di più. E' il mio lavoro.
Era chiaro che non mi avrebbe detto niente di più. Se era veramente all'oscuro di tutto non mi avrebbe potuto aiutare in alcun modo.

§


Mente mi avviavo per la mia strada, ripensavo a cosa si complicava in questa missione.
Probabilmente avevo decine di scagnozzi alle calcagna che non aspettavano altro che farmi la pelle.
Non potevo tornare a casa. Non era sicuro.
Dovevo trovarmi un nascondiglio dove elaborare la prossima mossa.
Ora costituivo un pericolo per me e per gli altri. Se avessero scoperto dove alloggiavo non avrebbero esitato un momento a far saltare l'edificio.
Erano gente intelligente e sapevano che ora ero pericoloso per l'intera organizzazione.
Scesi dalla macchina e, dopo essermi guardato intorno, aprii la porta in silenzio.
- Chris, sei in casa?
Non udii risposta.
- Cazzo, Christian, non è il momento di fare scherzi.
Entrai in camera da letto.
Christian era nel letto, mezzo coperto dal lenzuolo.
- Diamine, Christian. Ti sembra il momento di dormire?
- E chi dorme? - disse lui, sorgendo dalle coperte. Una bella ragazza era vicino a lui.
- Come si chiama la tua amica?
- Stacy - disse lei.
- Piacere Stacy - dissi tendendole la mano per salutarla.
- Che fai? Ci provi con la mia amica?
- Non mi permetterei mai. Comunque alzati. Siamo in pericolo. Tutti e due.
- Che cazzo hai fatto stavolta?
- Io niente. Semplicemente ho decine di scagnozzi che non vedono l'ora di farmi la festa.
- Scommetto che c'entra la missione "Earlier Night".
- Esattamente. Sono venuto a sapere che esiste un governo centrale. Hanno inviato Luciano a controllarci, e ora abbiamo decine di sicari alle spalle.
Christian si ritrasse nel letto. Sembrava giustamente preoccupato.
- E ora?
- Diciamo che se non scappiamo entro mezz'ora le probabilità di morire prima di aver visto il terzo millennio sono del 99%.
Quelle parole ebbero l'effetto di smuoverlo dal letto.
Si rivestì in fretta e caricò la Beretta.
Mentre Stacy correva a casa, io controllavo dalla finestra se qualcuno fosse già arrivato.
I miei sospetti erano fondati. Una raffica di mitra si abbatté sulla povera Stacy, che crollò a terra in una pozza di sangue.
Christian non disse nulla, ma una lacrima gli scese dagli occhi fino a terra.
- Mi dispiace. - dissi.
- Non ci pensare, e scappiamo.
Corremmo a lungo, attraverso l'uscita di sicurezza, e poi attraverso le fogne, fino alla centrale.
Lì avemmo notizia dell'attentato al capitano Miller, che era rimasto ucciso insieme agli uomini della scorta e sua moglie.
- Bastardi! - dissi - Pagheranno anche questa.
Non avrei creduto che la fiamma della vendetta fosse così ardente.
Era l'inizio della fine. E io volevo andare fino in fondo.
Del resto, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.


§


Erano passate diverse settimane, durante le quali la vita fu durissima.
Ma io e Christian eravamo dei duri. E non avremmo mai permesso a un mafioso qualsiasi di farci fuori.
Avevamo rintracciato molti indizi che conducevano ai mafiosi.
La polizia non ci fornì nessun aiuto, tranne una misera scorta; che tuttavia fu annientata in una sparatoria.
Sapevamo di dover fare affidamento solo su noi stessi.
Ed eravamo persino in troppi.
Eravamo molto amici noi due.
Benché lui mi avesse fregato la ragazza molte volte, si era sempre sdebitato salvandomi il culo in parecchie occasioni.
Porto ancora addosso i segni del violento attentato a Boston nel '93.
Rimasero uccisi tre agenti del 4° dipartimento, a causa della violentissima esplosione dei barili di soda caustica.
Christian rischiò davvero molto, quella volta. Se non fosse stato per lui tutto il capannone sarebbe esploso con noi dentro.
Devo ammettere di dovergli molto. Era il migliore e più fidato compagno di avventure che un agente possa desiderare.
Quella missione doveva finire. Era una questione importante.
Troppi edifici erano stati sbriciolati da chili e chili di tritolo, destinato a noi.
Troppe persone erano rimaste sfigurate in esplosioni dinamitarde, destinate a chi sapeva troppo, come noi.
Ormai eravamo in ballo.
E avremmo ballato fino alla morte.
Fermai l'auto nei pressi della casa coi mattoni rossi.
L'aspetto era vagamente spettrale, ma sapere chi vi abitava era decisamente peggio.
Entrammo sfondando la porta. Ci guardammo intorno, stupiti dell'apparente vuoto dell'edificio. E' sempre peggio sapere che il nemico era appostato e ci sarebbe balzato addosso quando meno ce lo saremmo aspettato.
- Cristo, si sono nascosti. Sapevano del nostro arrivo.
- Ma come avranno fatto?
- Mah… non so… a meno che… Cazzo! Christian, hai usato il cellulare GSM per chiamarmi, l'altra sera?
- Sì perché?
- Quante volte ti devo ripetere che il cellulare non è sicuro? Usa la trasmittente, cazzo.
Accidenti… dovevamo ricorrere al piano B.
- Vai col piano B. Tu vai avanti, io ti copro.
- Ok.
Andammo avanti adagio lungo la rampa di scale. Nulla faceva presupporre che quella casa fosse abitata.
Erano gente abile, sapevano benissimo come tendere trappole. Sicuramente da qualche parte vi era anche Luciano.
Mi voltai di scatto, tenendo in pugno la Beretta.
Falso allarme.
Cercai con lo sguardo qualcosa che potesse aver prodotto quel rumore. Rassegnatomi, continuai.
Un secondo rumore, più forte di prima, mi fece voltare di nuovo.
Stavolta c'era davvero qualcosa.
Uno scagnozzo era appostato dietro una cassa.
- Patetico.
Non ritenni opportuno sprecare munizioni con un uomo così patetico. Bastò un solo colpo.
- Ora sei convinto che la casa è abitata? - dissi.
- Diciamo che sono convinto.
Ora avanzavo più guardingo.
Cercavo con lo sguardo un segnale che mi facesse premunire una presenza nemica.
Finora tutto liscio.
Ad un tratto però, mi buttai a terra, trascinando anche Christian con me.
Nel medesimo istante, un colpo di fucile mi coglieva di striscio alla giacca.
- Che ti prende? - protestò Christian
- Ti ho appena salvato la vita, idiota.
- Che?
- Non hai visto? C'è un cecchino alla finestra, e mi ha pure rovinato la giacca buona.
Ma in quel momento non mi preoccupavo sicuramente per la giacca.
Una giacca si ripara. Un colpo alla testa no.
La faccenda del cecchino si risolse alla svelta.
Mentre Christian lo distraeva, io gli scaricavo addosso il caricatore della mia arma, fino a ridurlo come un gruviera.
Non ebbe il tempo di emettere lamento.
Cadde a terra, senza neanche accorgersi che stava morendo.
Una voce familiare echeggiò per il corridoio.
- Ma bravi. Siete riusciti ad arrivare sin qui. Non riuscirete ad uscirne vivi.
Tiziano stava ritto su una impalcatura da cui scese lentamente.
Christian puntò l'arma, ma io gli feci cenno di smettere.
In fondo poteva esserci molto utile.
- E così saresti tu il capo di tutto questo. Come hai potuto uccidere tutte quelle persone a sangue freddo?
- Si fa questo ed altro per il potere. Il potere, mio caro, è quello che dà la vita alle persone.
- Sei un mentecatto, Tiziano. Per gente come te c'è solo la morte.
- Vedremo.


§


Quella notte è stata una delle più drammatiche che io possa ricordare.
In una violentissima sparatoria perse la vita Christian, crivellato di colpi di mitragliatrice.
Io me la cavai certamente meglio, anche se non mi riprenderò mai completamente, le mie gambe rimarranno per sempre ferme.
Ho visto morire il mio migliore amico e anche ora non mi do pace se ripenso a quello che ho passato.
Passo ancora notti insonni a meditare vendetta contro chi ha negato la vita al mio migliore amico e la ha rovinata a me.
Penso al senso di tutto questo. A cosa è servito il suo sacrificio, e le mie gambe?
Ma poi mi convinco che Christian sarebbe stato contento di morire così. In battaglia.
Io invece ho lasciato per sempre il campo della polizia, e a volte mi chiedo a cosa valga la mia misera vita immobile. Mi chiedo se non fosse stato meglio morire da eroe, come Christian.
La speranza rimane sempre l'ultima a morire.